ASCOLTA ISRAELE

Dio ha affidato agli Israeliti una missione importante: servire da guida alle Nazioni. Non tutti gli Ebrei percepiscono questa missione allo stesso modo. Per alcuni è spirituale, per altri è materiale. I primi sono contro il Governo mondiale e contro lo Stato d’Israele (così come oggi esiste), i secondi sono in favore di questi due progetti, e vi partecipano finanziariamente.

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ANNESSI

Annesso # 1 : Il probabile sistema monetario del Regno messianico: suo funzionamento. 
                         A) - "L’isola dei naufraghi" (Il racconto è di Louis Even).
                         B) - Spunti ricavati dal suddetto racconto.
Annesso # 2 : Enciclica sugli Ebrei che vivono mischiati ai Cristiani. (Benedetto XIV)
Annesso # 3 : Quattro illustrazioni connesse al cap. 3 (sez. # 2). 

 

ANNESSO # 1

Il probabile sistema monetario del Regno messianico: suo funzionamento.

 

A) – "L’ISOLA DEI NAUFRAGHI" (Il racconto è di Louis Even).

Attraverso questo racconto l’autore ci mostra le lacune del sistema monetario attuale, e ci spiega in che modo dovrebbe funzionare per essere utile a tutta la società, non solo a dei privilegiati. 

L’abbondanza: una calamità ?

Domanda iniziale: Ditemi se la vera ricchezza è quella presente nei soldi, che sono un simbolo dei beni reali, oppure quella che è nei beni reali. La vera ricchezza è nei beni reali, voi mi dite. Ok. Se ciò è vero per tutti, come mai la gente non si preoccupa di domandare ai governanti un sistema monetario in cui il denaro disponibile sia calcolato e distribuito in proporzione dei beni reali? Vi sarete sicuramente accorti che quando i magazzini sono strapieni, la società si trova alle prese con una crisi economica. La situazione è talmente tesa che i produttori, vedendo che la merce non si vende ma rimane ferma nei magazzini non osano continuare a produrre di più. E tutti cominciano a preoccuparsi. Anziché parlare di abbondanza, che è una benedizione, si parla di calamità, che è una maledizione. Da che cosa dipende un simile intoppo? Da un numero insufficiente di consumatori? No, di certo! Tutti sanno che di fronte a questi magazzini strapieni ci sono migliaia di consumatori che non chiedono altro se non di poter consumare ciò che è stato prodotto per il consumo. Ma allora, da dove viene l’imbroglio? Dal fatto che i soldi non girano? Dal fatto che il sistema monetario è inadeguato, mal concepito, viziato in partenza? Ascoltiamo il racconto che segue, e alla fine vedremo le conclusioni possibili. [122]

122

  • [122] Sul tema del capitalismo egocentrico e del capitalismo non egocentrico, vedere alla fine del presente capitolo, la 2a parte, quella intitolata: SPUNTI RICAVATI A PARTIRE DALLA STORIA RACCONTATA. (Scegliere la sezione # 1, e leggere la domanda-risposta n. 4).

 1. Salvati dal naufragio

Un’esplosione ha distrutto la nave. I superstiti si aggrappano ai pezzi galleggianti che riescono ad aggrappare. Cinque uomini riescono a salire su di una zattera. Degli altri passeggeri nessuna notizia. Sono ore che i cinque scrutano l’orizzonte. Qualche nave di passaggio li vedrà? La loro zattera approderà su qualche riva ospitale? Ad un tratto uno grida: Terra! Guardate! Laggiù! Proprio là, nella direzione delle onde! I visi si rallegrano man mano che all’orizzonte appare sempre più chiara la linea di una terra. Sono in cinque: Francesco è quello che ha gridato: “Terra”! È grande e vigoroso. È falegname di mestiere, ed è pure capace di costruire case di legno. Paolo è contadino. È quello in ginocchio, con una mano a terra e l’altra aggrappata al palo della zattera. Giacomo è un esperto di allevamenti di bestiame. È quello coi pantaloni a righe, che guarda ansiosamente verso terra tenendosi anche lui in ginocchio. Enrico è perito agrario. È quel grassotto che sta seduto sul baule, che per fortuna è riuscito a salvare dal naufragio. Tommaso è un ingegnere minerario. È quello in piedi, dietro al palo. Con una mano si tiene al palo della zattera, e con l’altra si appoggia alla spalla del falegname.

2. Un’isola provvidenziale.

Camminare sulla terra ferma è come rivivere. Dopo essersi asciugati e riscaldati, i cinque del gruppo esplorano un po’ l’isola che li accoglie, così lontana dal mondo civile. La battezzano: Isola dei Naufraghi. Un giro rapido dell’isola li riempie di speranza. L’isola non è un deserto. Adesso sono gli unici ad abitarla, ma probabilmente ci sono state altre persone prima di loro. Lo deducono dal fatto che sull’isola hanno incontrato qui e là dei branchi di animali che vivevano allo stato brado. Giacomo, l’allevatore, dice che potrà migliorarli e renderli utili. In quanto al suolo, Paolo dice che secondo lui il terreno si presta bene alla cultura. Enrico ha scoperto alberi da frutto e spera di poter ricavarne un certo profitto. Francesco ha notato che ci sono boschi ricchi di alberi già adulti, con legno di ogni specie: con il legno dei tronchi sarà facile per lui costruire delle capanne e poi delle case destinate alla piccola comunità. In quanto a Tommaso – l’ingegnere minerario – ciò che lo ha maggiormente attirato è la parte rocciosa dell’isola. Ha trovato degli indizi che rivelano un sottosuolo ricco di minerali. Nonostante la mancanza di attrezzi perfezionati, egli pensa di avere abbastanza iniziativa e destrezza manuale per trasformare in metallo il minerale grezzo. Così, per il bene di tutti, ognuno potrà svolgere la sua attività preferita. Tutti si considerano fortunati, e ringraziano la provvidenza della piega abbastanza favorevole che stanno prendendo gli avvenimenti.

3. Le vere ricchezze.

Tutti si mettono a lavorare. All’inizio si accontentano di alimenti rozzi, ma quando i campi coltivati cominciano a produrre come si deve, allora tutti mangiano meglio. Il falegname si dà da fare per costruire le case e i mobili, e così si danno da fare anche gli altri. Ognuno è attivo secondo le proprie competenze. Col passare delle stagioni il patrimonio dell’isola si arricchisce. Non si arricchisce d’oro o di soldi stampati, ma di ricchezze vere, di cose che nutrono, di cose che vestono, di cose che creano un certo conforto rispondendo a dei bisogni concreti. La vita non è sempre facile come ai cinque piacerebbe che fosse. Mancano diverse cose alle quali essi erano abituati, ma a conti fatti la loro sorte potrebbe essere anche peggiore. D’altronde nel loro paese, il Canada, essi hanno già conosciuto la crisi del ‘29, e si ricordano le privazioni alle quali dovevano sottostare malgrado l’abbondanza che c’era nei magazzini e nei negozi, tutti strapieni, e a qualche passo dalla loro casa. Almeno qui, nell’isola, non si sentono umiliati nel vedere marcire sotto gli occhi i diversi prodotti di cui hanno bisogno per vivere. E poi le tasse non esistono, e nemmeno i sequestri. Se il lavoro è talvolta duro, c’è la soddisfazione di poter godere dei frutti di detto lavoro. Insomma, i cinque uomini sfruttano l’isola benedicendo Dio, e sperando di potere un giorno ritrovare parenti e amici, dopo essere riusciti a conservare i due più grandi beni: la vita e la salute. 

4. L’inconveniente più grosso.

I cinque uomini si riuniscono spesso per discutere dei loro affari. Una sola cosa li disturba nel semplice sistema da essi praticato: non usano moneta, e lo scambio diretto di prodotti con prodotti presenta degli inconvenienti. I prodotti da scambiare non sono sempre disponibili l’uno con l’altro nel medesimo tempo. Avviene per esempio che la legna consegnata durante l’inverno al coltivatore possa essere rimborsata in verdura o frutta solo sei mesi più tardi. Alle volte succede che un grosso articolo sia consegnato da uno degli uomini, che in cambio vorrebbe avere differenti piccoli articoli prodotti non da uno ma da parecchi altri uomini, e in epoche differenti. Il sistema dello scambio risulta complicato. Se vi fosse del denaro in circolazione ognuno potrebbe vendere i suoi prodotti agli altri in cambio di denaro. Con la moneta ricevuta ognuno potrebbe comperare dagli altri le cose che desidera, quando le desidera, e nel momento in cui esse sono disponibili. Tutti sono d’accordo nel riconoscere il vantaggio che offre un sistema di soldi fatti per circolare, ma nessuno di essi sa come fare per organizzarne uno. Essi sanno come produrre le cose concrete, che sono la vera ricchezza di cui hanno bisogno per vivere, ma i soldi, che sono dei segni stampati sulla carta, non li sanno fare. Ignorano tutto dei soldi, di come si stampano e di come si fa quando non bastano più quelli già stampati, quando assieme si decide che bisogna stamparne ancora un po’ per pareggiare il valore delle merci che si sono aggiunte sul mercato... Senz’altro molti uomini istruiti vivrebbero oggi lo stesso imbarazzo. I nostri governanti lo hanno vissuto per una decina d’anni nel tempo che ha preceduto la Seconda guerra mondiale. Solo il denaro mancava al paese, e di fronte a questo problema il governo rimaneva inerte, come paralizzato.

5. Arriva qualcuno: un altro naufrago.

Una sera i nostri cinque uomini sono tutti sulla spiaggia, e stanno ancora parlando del loro problema di soldi. Improvvisamente appare all’orizzonte una barca con a bordo un unico uomo. Tutti accorrono verso il naufrago e gli offrono le prime assistenze. Alla fine si mettono a discutere. Capiscono che il naufrago viene dall’Europa, e che anche lui è superstite di un naufragio. Si chiama Martin Golden. I cinque sono felici di avere un compagno in più, e gli fanno visitare l’isola. “Anche se siamo lontani dal resto del mondo – gli dicono – non siamo troppo da compiangere. La terra rende abbastanza bene, e anche la foresta. Ci manca solo una cosa: non abbiamo i soldi che ci permetterebbero di scambiare tra di noi con più facilità i prodotti e i servizi.” Martin Golden dice: “Benedite il caso che mi ha spinto fin qui! Per me il denaro non fa mistero. Sono banchiere, e vi posso organizzare in poco tempo un sistema di soldi che vi darà intera soddisfazione.” Banchiere? Ooooh! Banchiere! Un angelo venuto dal cielo non avrebbe avuto tanti inchini e riverenze! Non è vero che nei nostri paesi civilizzati noi trattiamo i banchieri come se fossero delle divinità incarnate?

6. Il dio della civiltà.

–  “Signor Martin, dato che voi siete un banchiere, non c’è bisogno che lavoriate come noi. Vi occuperete solo dei nostri soldi.”

–  “Farò del mio meglio, come ogni banchiere, con la soddisfazione di veder aumentare la prosperità generale.”

– “Signor Martin, vi costruiremo una casa degna di voi. Nel frattempo volete accettare di abitare nell’edificio che serve alle nostre riunioni?”

– “Certo amici, mi va benissimo. Ma prima sbarchiamo ciò che sono riuscito a salvare dal naufragio: possiedo una piccola stampatrice, della carta, e un bariletto che voglio trattare con riguardo.” La barca viene vuotata. Il bariletto attira la curiosità dei nostri cinque uomini. Martin dice:

– “Questo barile è un tesoro. È pieno d’oro!”

– Pieno d’oro!?

Sembra che i cinque vogliano cadere a terra per svenimento. Il dio della civiltà è entrato nell’Isola dei Naufraghi. È un dio giallo, che preferisce tenersi nascosto; ma è potente, terribile, e la sua presenza o assenza (e persino i suoi minimi capricci) possono decidere della vita o della morte di 100 nazioni!

– “Pieno d’oro?! Oh, signor Martin, voi siete un vero grande banchiere! Vi rendiamo omaggio.”

– “Oro, amici miei! Qui ce n’è per soddisfare i bisogni di mezzo mondo! Ma non è l’oro che deve circolare. Bisogna nascondere l’oro: l’oro è l’anima di tutto il denaro sano. L’anima non si vede, quindi è meglio che rimanga nascosta. Quando il denaro sarà pronto per essere distribuito vi spiegherò meglio tutta la faccenda.”

7. Un seppellimento senza testimoni.

Prima di separarsi per la notte, Martin rivolge un’ultima domanda ai nostri amici: “Per facilitare i vostri scambi, di quanto denaro avreste bisogno sull’isola?” I cinque si guardano, si consultano, consultano umilmente lo stesso Martin. Con i consigli del benevolo banchiere tutti quanti sono d’accordo che 200 dollari per ciascuno dovrebbero bastare. L’appuntamento è fissato per la sera dell’indomani. Ognuno riceverà 200 dollari. Nel ritirarsi per la notte i cinque uomini si scambiano dei commenti pieni di commozione, poi vanno a dormire. È già tardi, e si addormentano dopo avere sognato ad occhi aperti l’oro del barile e i dollari che riceveranno l’indomani.

Martin Golden non perde tempo. Il suo avvenire di banchiere gli fa tutto dimenticare, anche la stanchezza. Di buon mattino, allo spuntar del giorno, scava un grosso buco nella terra e vi ci mette il barile. Lo ricopre di terra, e per non lasciare tracce visibili lo dissimula con dei ciuffi d’erba accuratamente sistemati. Poi vi trapianta anche un piccolo arbusto. Terminato questo lavoro, Martin mette in uso la sua stampatrice, e stampa mille biglietti da un dollaro. Mentre guarda i biglietti che escono dalla stampatrice, dice a se stesso: “Come sono facili da stampare questi biglietti! Essi prendono il loro valore dai beni che già esistono su quest’isola, sia sotto la forma di beni grezzi che sotto la forma di beni lavorati. Senza i prodotti già presenti nell’isola i biglietti non avrebbero nessun valore. I miei cinque clienti ingenui non sanno questo, o non ci pensano. Credono che a garantire i dollari sia il barile d’oro. La loro ignoranza mi permette di regnare su di loro, sfruttandoli tutti a mio piacimento!” In serata arrivano i cinque.

 8. Denaro per tutti, stampato di fresco!

Là, sulla tavola, ci sono cinque pacchetti di denaro. – “Prima di distribuirvi questo denaro – dice il banchiere – bisogna che ci mettiamo d’accordo. I soldi sono basati sull’oro. L’oro è mio. È nel barile. Il barile è come se fosse la mia banca. Dunque il denaro è tutto mio ... Oh! Non preoccupatevi se vi dico questo. Il denaro che vi metto tra le mani lo potete utilizzare come vi pare e piace, ma è denaro mio, che io vi cedo in prestito. Mentre lo usate io vi carico solo gli interessi. Siccome su quest’isola il denaro è raro, visto che prima che io arrivassi non ce n’era affatto, credo di essere ragionevole se vi chiedo un po’ di interesse. Soltanto l’otto per cento.”

– “Benissimo, signor Martin, siete molto generoso.”

– “Un’ultima cosa, amici. Siccome gli affari sono affari, anche tra amici bisogna premunirsi. Prima di intascare questo denaro ognuno di voi firmerà un documento: si tratta di un documento nel quale ognuno di voi si impegna a rimborsare il capitale e gli interessi a tempo dovuto, sotto pena di confisca dei beni che possiede. Oh! È solo una garanzia. Io non ci tengo affatto alle vostre proprietà. Mi accontento del denaro. Sono sicuro che voi conserverete i vostri beni e mi restituirete il denaro a tempo debito.”

–  “Bene, bene, signor Martin. Lavoreremo con  ardore e vi rimborseremo tutto.” – “Così va bene. E se avete qualche problema da risolvere tornate qui da me. Un banchiere è un amico, l’amico di tutti... Adesso, ecco i vostri soldi. Ognuno riceve 200 dollari.” I cinque uomini ricevono i soldi e ripartono contenti, le mani piene di dollari e la testa piena di progetti.

9. Un problema di aritmetica.

Il denaro di Martin ha circolato nell’isola. Gli scambi si sono moltiplicati, semplificando la vita di tutti. Tutti salutano Martin con rispetto e gratitudine. Ma Tommaso, l’ingegnere, non è tranquillo. Gli rimangono pochi dollari, e la maggior parte dei suoi prodotti sono ancora sotto terra. Come farà a rimborsare il banchiere alla prossima scadenza? Dopo aver ben ragionato sul suo problema individuale, Tommaso comincia ad esaminarlo dal punto di vista collettivo. Si chiede: “Considerando la popolazione dell’isola nel suo insieme, siamo noi in grado di mantenere i nostri impegni col signor Martin? Martin ha stampato 1.000 dollari in tutto, ma ci chiede una somma di 1,080. Anche se noi tutti insieme raccogliessimo tutto il denaro che c’è nell’isola, e questo per riportarglielo indietro, ciò farebbe un totale di 1,000 dollari, non di 1,080. Nessuno di noi ha stampato gli 80 dollari che mancano. Noi produciamo quello che ci occorre per vivere, ma non stampiamo dollari. Siccome nell’insieme noi non possiamo restituire il capitale più gli interessi, Martin dovrà sequestrare tutta l’isola”. Tommaso continua a ragionare: “Visto che alcuni di noi sono capaci di rimborsare, essi sopravvivranno, ma gli altri cadranno. Poi cadranno anche i primi, quelli che all’inizio potevano rimborsare, e il banchiere finirà per prendersi tutto. Dunque è meglio che ci mettiamo subito insieme per sistemare questa faccenda in maniera collettiva.” Tommaso non ha difficoltà a convincere gli altri che Martin li ha imbrogliati, e tutti si danno appuntamento presso il banchiere.

10. Benevolenza del banchiere.

Martin Golden si accorge che qualcosa non va, ma fa buon viso a cattiva sorte. Allora Francesco presenta il caso: “Come possiamo noi portarvi 1.080 dollari se in tutta l’isola ne esistono soltanto 1.000 ?”

– “Amici, è l’interesse. Non è aumentata la vostra produzione?”

– “Si, ma il denaro, lui, non è aumentato, e ad ogni scadenza voi lo pretendete. E volete essere pagato in denaro, non volete essere pagato con i nostri prodotti. Visto e considerato che solo voi stampate denaro, e che finora ne avete stampati 1.000 in tutto, come mai pretendete che noi ve ne riportiamo 1,080? È impossibile!”

– “Amici! Un momento vi prego. I banchieri si adattano alle situazioni, perché hanno a cuore il benessere pubblico... Vi chiederò solo l’interesse. Si tratta di 80 dollari. Il capitale ve lo lascio.”
 “Ci cancellate il debito?”

– “Questo no, non posso farlo, mi dispiace. Un banchiere non cancella mai un debito. Voi mi dovete ancora tutto il denaro che vi ho prestato, ma alla fine di ogni anno mi darete l’interesse, solo l’interesse. Se voi pagate l’interesse in maniera regolare, io non vi disturberò per il rimborso del capitale. E per evitare che qualcuno di voi risulti incapace di pagare l’interesse, vi suggerisco di organizzarvi collettivamente, come se foste una nazione, e di fondare un sistema di collezione. Questo si chiama tassare. Quelli che hanno più soldi pagheranno più tasse di quelli che ne hanno di meno. Finché mi portate il totale dell’interesse collettivo io sarò soddisfatto, e la vostra nazione andrà bene.” I nostri amici tornano a casa, ma sono convinti solo a metà, e rimangono pensierosi.

 11. Crisi di vita cara.

Col passar del tempo la situazione sull’Isola peggiora. Anche se la capacità di produrre aumenta, gli scambi diminuiscono, ma ciò non impedisce Martin di riscuotere i suoi interessi in maniera regolare. Tutti quanti si preoccupano di mettere da parte le quote destinate al pagamento delle tasse, che sono i suoi interessi. Il denaro circola, ma fa fatica, ed in circolazione ce n’è sempre di meno. Quelli che hanno più tasse da pagare si lamentano criticando quelli che ne pagano di meno. Alcuni aumentano i loro prezzi per trovare un compenso. I più poveri si lamentano protestando contro il caro vita, e chi non ha soldi da spendere compera sempre di meno. Il morale è in ribasso, la gioia di vivere se ne va. Il lavoro pesa. A che scopo lavorar tanto? I prodotti non si vendono, e anche quando si vendono bisogna pagare le tasse per soddisfare le esigenze di Martin Golden. Qualche volta la gente è costretta a privarsi del necessario. È la crisi, e tutti si accusano a vicenda di essere causa della vita che diventa sempre più cara. Un giorno, dopo aver ben riflettuto in mezzo ai suoi campi, Enrico conclude che il cosiddetto “progresso” del banchiere ha rovinato tutto. Anche se i cinque hanno tutti i loro difetti, tutti sono d’accordo per dire che il sistema di Martin Golden è sbagliato, fatto per nutrire quanto c’è di più cattivo nella natura umana. Allora Enrico decide di radunare i suoi compagni per convincerli che è ora di fare qualcosa per cambiar sistema. Incomincia da Giacomo, e Giacomo gli risponde: “Eh, io non sono molto istruito, ma è già da tempo che mi sono accorto di una cosa: il sistema del nostro caro banchiere è corrotto. Puzza più del letame che ho nella mia stalla!” Uno dopo l’altro, tutti si convincono della necessità di parlare di nuovo al banchiere, e vanno da lui.

12. Il fabbricante di catene.

Scoppia la tempesta presso il banchiere: “Signor banchiere, il denaro è raro sulla nostra isola, e questo succede perché voi ce lo togliete. Vi paghiamo tasse, vi paghiamo interessi, e alla fine vi dobbiamo ancora come vi dovevamo all’inizio. Lavoriamo. Le terre diventano belle, sempre più belle, eppure noi, come premio, siamo peggio di quello che eravamo prima del vostro arrivo. Debiti a destra! Debiti a sinistra! Debiti di qua e di là. Debiti di continuo. Debiti fin sopra la testa!”

– “Vediamo un po’, amici, ragioniamo. Se le vostre terre sono più belle, è per merito mio. Un buon sistema bancario è importante per un paese. Ma per poter andare avanti è sempre necessario che il banchiere abbia la vostra fiducia. Venite a me come si va da un padre... Volete altro denaro? Benissimo. Il mio barile d’oro vale molto più di mille dollari... Tenete, vi presterò immediatamente altri mille dollari ipotecando le vostre nuove proprietà.”

– “Raddoppiare ancora i debiti da pagare? Raddoppiarli sempre senza mai finire?”

– “Sì, io non smetterò di prestarvi soldi. Ve ne presterò di continuo, ancora e poi ancora. Basta che voi aumentiate la vostra ricchezza fondiaria. Mi restituirete solo l’interesse. Accumulerete i prestiti, li chiamerete “debito consolidato ”. Il debito potrà aumentare ogni anno, ma anche il vostro reddito aumenterà. Il vostro paese si svilupperà grazie ai miei prestiti.”

– “Allora, più noi faremo produrre l’isola col nostro lavoro, e più aumenterà il nostro debito globale?”
– “Amici, voi non sapete tutto quello che io so. Nei paesi civilizzati il debito pubblico è il barometro della prosperità. Ve lo dico io!”

13. Il lupo mangia gli agnelli.

– “Signor Martin, allora quello che lei chiama “denaro sano” sarebbe il denaro che ci obbliga ad essere schiavi? Come può essere "sano" un debito collettivo divenuto impagabile, e persino necessario?”

- “Signori, ogni denaro sano deve essere basato sull’oro, e deve uscire dalla banca allo stato di debito. Il debito nazionale è una buona cosa: esso mette i governi sotto la tutela della saggezza incarnata dei banchieri. Io, come banchiere, sono una fiaccola di civiltà nella vostra isola.

– “Signor Martin, anche se dobbiamo passare per degli ignoranti, a noi non interessa più questo suo tipo di civiltà. A noi non interessano più i soldi che lei stampa, e non prenderemo più a prestito nemmeno un centesimo da lei. Denaro sano o non sano, a noi non interessa più di avere a che fare con lei.”

Mi rincresce molto, signori miei. Se rompete il contratto che abbiamo stipulato, io ho le vostre firme. Rimborsatemi tutto immediatamente, capitale e interessi.”

– “Non è possibile. Anche se le portiamo il denaro di tutta l’isola, il debito non potrà mai essere scontato del tutto. Noi vogliamo essere liberi dai debiti, e per questo rinunciamo al suo sistema.”

– “Un momento! Voi qui avete firmato. Sì, avete firmato! Allora io, in nome della santità dei contratti firmati, vi sequestro tutto ciò che possedete. Tutte le vostre proprietà sono ipotecate, ed io ve le sequestro tutte. Questo è quanto è stato convenuto tra di noi nel tempo in cui eravate così contenti di avermi. Se non volete servire la potenza del denaro con le buone, la servirete con le cattive. Continuerete a sfruttare l’isola, ma per me soltanto, alle mie condizioni. Andate. Vi darò altri ordini domani.”

14. Il controllo dei giornali.

Martin sa che colui che controlla il sistema monetario di una nazione, controlla la nazione al completo, ma è pure convinto di un’altra cosa, e cioè: che per conservare il controllo di detta nazione è preferibile che il popolo rimanga all’oscuro di certe cose, nel buio dell’ignoranza. Per riuscire a mantenere nel popolo questo buio e questa ignoranza, il modo migliore, secondo Martin, è quello di distrarre il popolo con mille cose superflue. Per esempio, Martin si è accorto che dei cinque uomini, due sono conservatori e tre sono liberali. Lo ha notato dalle loro conversazioni. I rossi e i blu non la pensano veramente allo stesso modo. Martin si applicherà dunque ad inasprire le loro discordie il più possibile. Con la sua stampatrice riesce a pubblicare due giornaletti alla settimana: “Il Sole” per i rossi, “La Stella” per i blu. Il giornaletto “Il Sole” dice in sostanza: "Se voi non siete più padroni nel vostro paese, la colpa è dei blu che sono troppo attaccati ai loro interessi, oltre ad essere delle persone arretrate". “La Stella” invece dice: "Il vostro debito nazionale è l’opera di quei maledetti rossi, sempre pronti a lanciarsi in qualsiasi tipo di avventura politica". E così i nostri due gruppi litigano di continuo, dimenticando che il vero responsabile delle loro catene è Martin, il controllore del denaro.

15. Un prezioso relitto.

Un giorno Tommaso scopre in fondo all’isola una piccola barca senza remi, con dentro una cassetta ben conservata. Apre la cassetta, e tra i panni trova un libricino da niente. È intitolato: “Verso Domani”, anno primo. Curioso di sapere si siede, lo apre, e legge tutto quello che c’è scritto. Lo divora. Alla fine esclama: “Ecco ciò che avremmo dovuto sapere fin dall’inizio!!! Il denaro non prende il suo valore dall’oro, ma dai prodotti che esso rappresenta, e che deve servire a comperare. Il denaro può essere una semplice contabilità. I crediti possono passare da un conto all’altro secondo le compre e le vendite. Il totale del denaro deve essere proporzionato al totale della produzione. Ad ogni aumento della produzione deve corrispondere un aumento equivalente di denaro... Nessun interesse da pagare sul denaro che nasce... Il progresso non è definito dal debito pubblico, ma da un dividendo nazionale che è uguale per tutti... I prezzi sono scelti in base al generale potere d’acquisto, a partire da un coefficiente-prezzi...” Tommaso non sta più nella pelle. Si alza, e col suo libro tra le mani corre dai suoi compagni per dir loro della sua scoperta.

16. Il denaro, semplice contabilità.

Tommaso si trasforma in professore, e dice: “Adesso vi spiego quello che avremmo potuto fare, senza il banchiere, senza l’oro, e senza firmare debiti di nessun genere. Io apro un conto a ognuno di voi, prendo un libretto e ci scrivo sopra il vostro nome. Sulla destra scrivo ogni vostro credito, cioè le cifre che fanno aumentare il vostro conto, e sulla sinistra scrivo ogni vostro debito, cioè le cifre che lo fanno diminuire. Per cominciare noi abbiamo chiesto $200 ciascuno. Allora scriviamo sul libretto di ognuno di noi un credito di $200. Questo vuol dire che ognuno di noi parte con $200 di credito. Poi Francesco vuole comperare alcuni prodotti da Paolo, e questi gli costano $10. Allora tolgo a Francesco $10 (gliene rimangono 190) e li aggiungo a Paolo, che adesso ne possiede $210. Poi Giacomo compra da Paolo l’equivalente di $8 di prodotti. Tolgo $8 a Giacomo, che rimane con $192, mentre Paolo sale a $218. Paolo compra legna da Francesco per un totale di $15. Tolgo $15 a Paolo, che rimane con $203, e ne aggiungo $15 a Francesco, che risale a $205. E così di seguito, passando da un conto all’altro, proprio come i dollari di carta vanno da una tasca all’altra. Se poi qualcuno di noi ha bisogno di denaro per aumentare la sua produzione, gli apriamo il credito che per lui è necessario, ma glielo apriamo senza interesse. Egli rimborserà il credito quando venderà la sua produzione. La stessa cosa per i lavori pubblici. E poi, visto il progresso collettivo, aumenteremo periodicamente tutti conti individuali di una somma addizionale, senza togliere niente a nessuno, in proporzione del progresso realizzato collettivamente. Questo è il dividendo nazionale. In questo modo il denaro è uno strumento di servizio, non di sfruttamento.”

17. Il banchiere è disperato.

Tutti hanno capito la lezione. Il gruppo è diventato “creditista”. L’indomani il banchiere Martin riceve una lettera firmata dai cinque: “Signor Martin Golden, lei ci ha sfruttati senza necessità, coprendoci di debiti. Per dirigere la nostra economia monetaria noi non abbiamo più bisogno di lei. Ormai avremo tutto il denaro che ci occorre, senza oro, senza debiti, e senza ladri. In quest’isola abbiamo deciso di funzionare secondo il sistema del Credito sociale. Il dividendo nazionale sostituirà il debito nazionale. Se lei desidera essere rimborsato per quel che ha fatto per noi, le restituiremo tutto il denaro che ha stampato, ma non un centesimo di più. Lei non ha diritto di reclamare da noi ciò che non ha mai prodotto.” Martin Golden è disperato. Il suo impero sta crollando. I cinque sono diventati "creditisti". Per loro non esistono più misteri sul denaro, o sul credito. Martin Golden pensa: “E adesso che cosa faccio? Chiedo perdono? Mi metto a fare quello che fanno loro? Io, banchiere, mettermi a fare quello che fanno loro? ... Non voglio. Preferisco starmene tranquillo in disparte. Mi arrangerò, in modo di non avere bisogno di nessuno di loro.”

18. Ormai la truffa è scoperta.

Per proteggersi contro ogni possibile reclamo, i cinque uomini decidono che il loro ex-banchiere deve firmare un documento dove dichiara di essere ancora in possesso di quello che aveva al momento del suo arrivo. Da qui la necessità di fare un inventario dei suoi averi: la barca, la piccola stampatrice, il famoso barile pieno d’oro... Martin Golden è costretto a rivelare il luogo dove ha nascosto il barile. I cinque scavano, lo trovano, lo tirano fuori dalla terra, lo puliscono. L’ingegnere, che se ne intende di metalli, trova che il barile non pesa abbastanza per contenere oro. Allora dice forte: “Io non credo che questo barile sia pieno d’oro.” Francesco, nell’udire questo, dà un grosso colpo di scure al barile. Il barile si apre. Dov’è l’oro? Solo pietre, sassi, e sabbia. Pietre, semplici rocce prive di qualsiasi valore!... I cinque uomini fanno fatica a crederci, e si mettono a dire: “Quel miserabile! Quel bugiardo! Quel ladro! Quel farabutto! Ma guarda fin dove ci ha imbrogliati! Quanto stupidi siamo stati nel cadere in estasi di fronte alla parola: ORO!”  “Gli abbiamo ipotecato le nostre case per dei pezzi di carta basati su quattro sassi!”  “Ci siamo litigati e odiati per mesi e mesi a causa di una truffa del genere! Demoniaccio!” Ma il banchiere non c’è più. È sparito. Appena ha visto che Francesco alzava la scure per rompere il barile è scappato via di corsa.

B) – SPUNTI RICAVATI DALLA STORIA RACCONTATA.

Nel terzo capitolo di questo libro abbiamo detto che il vero Nuovo Ordine Mondiale non sarà quello inventato dall’uomo, ma quello concepito da Dio, e che il suo vero nome è Regno messianico. Come sarà il sistema finanziario di questo famoso Regno messianico? Per assicurarsi la pace e la giustizia sociale, gli uomini che faranno parte di esso avranno bisogno di una formula economica e monetaria capace di garantire il benessere di tutti, non solo il benessere di alcuni privilegiati. Questa formula esiste già sulla Terra. È quella del Credito sociale. Come mai non viene applicata? Perché il male imperante ci soffoca tutti quanti, impedendo ai responsabili delle nazioni di apprezzarla per quello che vale, e quindi di adottarla. Bisognerà che la Terra venga purificata, e allora l’uomo capirà il valore di questa formula, e accetterà di applicarla. In attesa di quel giorno, lo scopo di queste pagine è stato, e continua ad essere, quello di offrire al lettore interessato la possibilità di valutare il sistema economico e finanziario del futuro paragonandolo a quello presente.

1. Quattro domande (con relative risposte).

Domanda n. 1. Louis Even diceva che la mentalità e i metodi dei banchieri d’oggi sono identici a quelli di Martin Golden. Aveva torto o ragione di dirlo?

Domanda n. 2. Sappiamo che con l’Era nuova la precedenza sarà data ai valori spirituali, e che le ricchezze materiali saranno considerate come accessorie. Sapendo del prestigio che il Popolo ebraico avrà nel mondo venturo, è giusto pensare che tale prestigio sarà fondato sulle ricchezze materiali, o è più giusto pensare che sarà fondato sulle ricchezze spirituali?

Domanda n. 3. Louis Even diceva che le tasse (che i governi impongono ai cittadini) sono una forma di banditismo. Aveva torto o ragione di dirlo?

Domanda n. 4. Credito sociale e Cristianesimo: Quali sono i legami che uniscono il Credito sociale alla dottrina sociale della Chiesa cattolica, e al Cristianesimo in generale?

Risposta n. 1: Chi conosce l’opera del Fondo Monetario Internazionale (FMI) sa che la mentalità ed i metodi di coloro che lo dirigono assomigliano alla mentalità ed ai metodi di Martin Golden. Per capire questa situazione ancora meglio, il lettore è invitato a distinguere tra i banchieri che dirigono la politica finanziaria internazionale (FMI, ecc. …), e i banchieri che sono pagati dai primi per dirigere le succursali bancarie, piccole o grandi, ma locali. I primi decidono della salute finanziaria mondiale, invece i secondi sono dei semplici impiegati pagati per servire gli interessi dei primi. Il sistema finanziario mondiale è nelle mani dei primi. Sono essi che controllano l’emissione e la distribuzione delle banconote. Si dice che siano tutti di razza ebraica. [123]

Risposta n. 2: Le ricchezze materiali serviranno quelle spirituali, non il contrario (com’è successo fino ad ora). Dunque il prestigio del Popolo ebraico sarà anzitutto d’ordine spirituale. Quello materiale seguirà quello spirituale come un effetto che segue la sua causa.  [124]

Risposta n. 3: Le spiegazioni fornite da Louis Even mostrano che il suo punto di vista è fondato, ma bisogna aggiungere che per godere dei vantaggi garantiti dal Credito sociale non bisogna accontentarsi di abolire le tasse, punto e basta. Bisogna che la mentalità dei cittadini sia lavorabile al nuovo sistema. Attualmente l’egoismo delle persone è troppo generalizzato per permettere un cambiamento efficace. È necessaria una purificazione, seguita da una certa educazione degli spiriti.  

Risposta n. 4: Leggendo le opere di Clifford H. Douglas e di Louis Even sul Credito sociale ho constatato che i princìpi del Credito sociale promuovono l’altruismo, che è il contrario dell’egoismo[125]  Questo orientamento dà una connotazione religiosa al Credito sociale, senza impedirlo comunque di rimanere una formula economica.

L’uomo moderno si è purtroppo allontanato dalla Legge d’amore predicata da Cristo, il che favorisce l’individualismo egoistico. [126]  Di conseguenza la società umana si spegne lentamente come una candela accesa finisce per spegnersi quando le viene a mancare l’ossigeno. Il suo proprio egoismo la soffoca.

Essendo la società quello che è, i Pellegrini di S. Michele [127]  sono costretti ad andare contro corrente per fare conoscere la loro dottrina. Questa propone l’altruismo e la religiosità, contro l’egoismo e l’irreligiosità. [128]

Il fervore religioso che caratterizza i Pellegrini di S. Michele come cristiani deriva dal fatto che essi non si accontentano di predicare l’amore di Dio e del prossimo soltanto a parole, ma si sforzano di predicarlo anche con l’esempio.

123, 124, 125, 126, 127, 128

  • [123] Le banconote sono carta. L’insieme di queste banconote rappresenta – o dovrebbe rappresentare – la ricchezza di una nazione. Ma la ricchezza reale di una nazione non è nella carta. È nel patrimonio naturale, culturale, e spirituale del popolo che forma la nazione. (Per saperne di più sulla storia monetaria degli USA, vedi su Internet: http://www.michaeljournal.org/sign49.htm).
  • [124] Questa domanda-risposta viene ripresa in modo più completo nella conclusione che appare alla fine del presente capitolo. (Vedi alla fine del presente capitolo, la sezione #10, intitolata: “Conclusione: Venga il tuo Regno …”. Detta sezione si trova prima dell’annesso n. 2).
  • [125] I creditisti dicono che il capitalismo attuale è egocentrico, fondato sull’egoismo, mentre invece dovrebbe essere non egocentrico, cioè fondato sul rispetto della legge di Dio, che è legge d’amore, di condivisione, di compassione. Un legame diretto unisce la formula creditista ai princìpi della religione cristiana, la quale promuove l’amore e la compassione, anziché l’egoismo.
  • [126] Ai banchieri che controllano l’alta finanza piace coprire di ridicolo questi princìpi a sapore religioso. I valori spirituali, e quindi religiosi, sono per loro cose inconcepibili, visto che il maestro che li ispira è Mammona, l’egoismo, la materialità.
  • [127]Creditisti portano anche il nome di Pellegrini di S. Michele.
  • [128] I veri creditisti si sforzano di vivere santamente, sapendo che la giustizia e la pace possono esistere tra gli uomini soltanto se Dio – con la sua legge d’amore – fa parte del loro progetto di vita.

 2. Dal racconto alla realtà dei fatti.

Il sistema monetario introdotto da Martin Golden nell’ Isola dei Naufraghi era fondato sui debiti. Condannava il piccolo gruppo di naufraghi a coprirsi di debiti per poter sviluppare l’isola tramite il lavoro. Non è quanto succede in tutte le nazioni civilizzate? In termini di ricchezza reale, il Canada attuale è certamente più ricco di quello che era un secolo fa, o al tempo dei pionieri. Ora, se noi paragoniamo il debito pubblico di oggi con quello di un secolo fa, o con quello di tre secoli fa, che cosa scopriamo? Che la popolazione canadese si è riempita di debiti! Per quale motivo? Perché ha lavorato! Normale tutto questo? No! Se è vero che la popolazione canadese col suo lavoro ha permesso al paese di svilupparsi arricchendosi, che senso hanno i debiti che si accumulano sulle sue spalle come risultato del suo lavoro? La popolazione canadese, grazie al suo lavoro diversificato, ha prodotto tutte le ricchezze del paese. (Se il Canada importa dei prodotti dall’estero, lo fa in cambio di prodotti che lui pure esporta verso l’estero). Ciò malgrado i cittadini sono tassati per pagare scuole, ospedali, ponti, strade, e tutti i lavori pubblici. La popolazione è condannata a pagare per quello che lei stessa ha prodotto e continua a produrre collettivamente. Normale tutto questo? No!

 3. Acquistare pagando (molto) più di quello che la produzione ha costato. 

E non finisce qui. La popolazione è costretta a pagare un prezzo superiore al costo di produzione. Tutto quello che la popolazione produce è un arricchimento reale, eppure esso diventa per lei un debito, e un debito carico di interessi! Si tratta di un debito che col passare degli anni accumula interessi la cui somma finale può uguagliare il debito iniziale, e in certi casi oltrepassarlo. A causa degli interessi che si accumulano succede che la popolazione paghi due volte, tre volte, e anche quattro volte il valore dei beni che lei stessa ha prodotto. A fianco dei debiti pubblici ci sono quelli industriali, anch’essi carichi di interessi. Le tasse che sono da pagare costringono gli industriali e gli imprenditori ad aumentare il prezzo del loro prodotto al di là del costo di produzione. Se non lo facessero andrebbero in fallimento visto che devono preoccuparsi di rimborsare sia il capitale sia gli interessi del capitale. Che si tratti di debiti pubblici o di debiti industriali, è sempre la popolazione che paga, e il tutto viene pagato al sistema bancario, che senza sosta fagocita tutto. Quando si tratta di debiti pubblici la popolazione li paga sotto forma di tasse, e quando si tratta di debiti industriali li paga col prezzo diretto. Morale: i prezzi lievitano, le tasse aumentano, e il portafoglio si assottiglia.

4. Sistema tirannico.

Tutto dimostra che il nostro sistema monetario è concepito per mantenere in schiavitù le popolazioni che lo adottano, proprio come Martin Golden manteneva in schiavitù i naufraghi dell’isola (prima del loro risveglio). Che succede quando i primi banchieri, quelli che controllano i crediti, rifiutano un prestito, oppure vi mettono delle condizioni troppo dure per gli amministratori della cosa pubblica e per gli industriali? Succede che gli amministratori abbandonano dei progetti importanti, e che gli industriali rinunciano a produrre dei beni, anche se detti beni corrispondono a dei bisogni reali e sarebbero necessari al benessere pubblico. Questo freno (inopportuno) messo alla produzione aumenta il numero dei disoccupati. Per aiutare i disoccupati, evitare che muoiano di fame, si aumentano le tasse a coloro che ancora percepiscono uno stipendio o possiedono qualcosa. Dove lo troviamo un sistema più tirannico e malefico di così?

 5. Lo smercio dei prodotti è ostacolato.

E non è tutto. Oltre a caricare di debiti la produzione finanziata, oltre a paralizzare quella che si rifiuta di finanziare, il nostro sistema monetario attuale ostacola lo smercio dei prodotti. A che servono i negozi strapieni se lo smercio dei prodotti è ostacolato? Per esempio: comperare un prodotto significa pagarlo in denaro, ma se il denaro è raro, sempre più raro rispetto all’ingente quantità di prodotti disponibili, con che cosa pago il prodotto di cui ho bisogno? Se alla capacità di produrre non corrisponde la capacità di pagare, se i prodotti sono abbondanti e facili da produrre, ma i soldi sono razionati e difficili da avere, se la popolazione desidera comperare ciò che è disponibile, ma non può permetterselo per mancanza di denaro, reso non disponibile da coloro che ne controllano l’emissione... che valore ha un siffatto sistema monetario? È come un motore che non funziona. Bisogna ripararlo.

 6. Credito sociale, e politica.

Il sistema monetario attuale è viziato alla base perché non serve gli interessi della collettività. Ciò non significa che sia necessario sopprimerlo. Basterebbe ripararlo. È quanto farebbe l’applicazione dei princìpi che portano il nome di "Credito sociale". Oggi, purtroppo, il "Credito sociale" autentico è spesso confuso con il partito che in Canada si è arrogato il diritto di presentarsi nell'arena politica con questo nome, screditandone il contenuto. È il più grande danno che mai sia stato fatto alla buona interpretazione della dottrina dell’inglese Clifford Hugh Douglas, e del canadese Louis Even (che ha adottato Douglas come maestro). Oggi, per reazione, molti canadesi rifiutano le teorie del Credito sociale autentico perché le percepiscono come un'utopia, cioè come un ideale che sul piano pratico diventa irrealizzabile. [129]

129

  • [129] Irrealizzabile perché? Louis Even diceva che i politici avidi di gloria e di denaro non sono fatti per servire la dottrina del "Credito sociale". Il "creditista" si interessa della crescita umana delle persone che fanno parte di una collettività, mentre i membri dei partiti politici oggi lottano tra di loro alla ricerca del potere. Questo divide la società, e la indebolisce. Per queste ragioni il "Credito sociale" non è (e non vuole essere, almeno per ora) un partito politico. Lo potrebbe essere, ma per funzionare ha bisogno di persone spiritualmente nobili, cioè oneste.

 7. Equilibrio tra quantità di denaro e quantità di prodotti disponibili.

Quanto detto ci permette di concludere che quello che dà valore ai soldi è la presenza dei prodotti. Facciamo un esempio: nell’Isola dei Naufraghi il denaro di Martin non avrebbe avuto nessun valore se in quell’isola non ci fosse stato nessun prodotto. Anche se il barile di Martin fosse stato pieno d’oro, quell’oro non sarebbe servito a niente in un’isola priva di prodotti. Se nell’isola non ci fosse stato proprio nulla da mangiare (nessun prodotto alimentare disponibile), nessuno avrebbe potuto nutrirsi mangiando oro, o mangiando banconote di carta. Lo stesso vale per i vestiti e per tutto il resto. Risulta ovvio quindi che i soldi sono una ricchezza fittizia, mentre i prodotti sono la ricchezza reale. La ricchezza reale non è nei soldi o nell’oro, ma nei prodotti. Fortunatamente nell’Isola vi erano dei prodotti. Questi provenivano dalle risorse dell’isola e dal lavoro delle persone presenti. Siccome nulla permetteva al banchiere Martin di vantare diritti sulla ricchezza reale dell’isola (i prodotti già esistenti) nulla lo autorizzava a utilizzare un sistema monetario che coprisse di debiti gli abitanti dell’isola per quello che già apparteneva loro fin dall’inizio. I cinque abitanti hanno capito questa verità solo quando hanno conosciuto la dottrina del Credito sociale. Secondo tale dottrina, il valore del denaro è basato sull’esistenza dei prodotti, non sull’operazione del banchiere. Siccome la quantità dei prodotti esistenti viene pure chiamata “credito della collettività”, il principio teorico dice: il valore del denaro è basato sul “credito della collettività”, non sul banchiere, o sulle sue operazioni.Per concludere, dato che il ruolo della moneta è di rappresentare il valore dei prodotti, e di circolare tra i cittadini favorendo lo scambio dei prodotti fabbricati dagli uni e dagli altri, la moneta messa in circolazione dal banchiere Martin avrebbe dovuto essere considerata fin dall’inizio come la proprietà dei cittadini dell’isola, non del banchiere Martin. Ipotesi: Se al posto della moneta stampata su carta (o su metallo) ci fosse un semplice libretto, o una carta di credito, con cifre rappresentanti le entrate e le uscite espresse in valuta, una valuta immaginaria, che successo potrebbe avere un sistema del genere?

Risposta: Tale sistema potrebbe funzionare bene pure lui, se fondato sui princìpi del Credito sociale. La questione del denaro appare qui per quello che è veramente: semplice contabilità. Siccome la prima cosa che si esige da una contabilità è di essere esatta, conforme alle cose che esprime, il creditista afferma che il denaro deve essere proporzionato alla ricchezza che rappresenta, cioè alla produzione. (Esempio: produzione abbondante = soldi abbondanti; produzione ridotta = soldi ridotti).

 8. Il denaro da investire nella produzione. 

Per dare ai mezzi di produzione la possibilità di rimanere attivi, il denaro deve essere messo al servizio dei produttori a mano a mano che questi ne hanno bisogno. È possibile questo? Sì, è possibile, e la cosa si è già vista. All’inizio della guerra del 1939 il denaro che da dieci anni mancava, dall’oggi al domani è apparso dappertutto, come per magia, e durante i sei anni che ha durato la guerra i soldi per finanziare la produzione richiesta non sono mai mancati. Allora, con la stessa fedeltà che il denaro ha servito alla produzione della guerra, esso può servire alla produzione della pace, produzione pubblica e produzione privata. Quello che è fattibile fisicamente in risposta ai bisogni legittimi della popolazione, deve essere reso fattibile anche finanziariamente. Questo sistema metterebbe fine a certi incubi di cui sono vittime le autorità pubbliche, mettendo pure fine alla disoccupazione e alle inutili privazioni di cui essa è responsabile.

 9. I dividendi.

Il Credito sociale preconizza un dividendo nazionale da distribuire periodicamente a tutti. Si tratta di una somma di denaro pagabile una volta al mese ad ogni persona, indipendentemente dal lavoro da essa esercitato. È come il dividendo che il capitalista percepisce anche senza lavorare di persona. La società attuale dà al capitalista la possibilità di investire denaro in un’impresa, col diritto di raccogliere un reddito sul suo capitale investito. Tale reddito si chiama dividendo. Il suo capitale è sfruttato (messo all’opera) da varie persone, le quali in compenso ricevono uno stipendio. Ma il capitalista, lui, percepisce un reddito che gli è dovuto per la sola presenza del suo capitale nell’impresa. Se lui, in più, ci lavora personalmente, allora percepisce due redditi: il dividendo del suo capitale più lo stipendio del suo lavoro.

La dottrina del Credito sociale dice che tutti i membri della società sono un po’ capitalisti, che tutti possiedono in comune un capitale reale che contribuisce alla produzione dei prodotti necessari alla vita. Da dove viene questo capitale collettivo? In partenza esso deriva dalle risorse naturali della nazione (le quali sono un regalo fatto da Dio a coloro che abitano la nazione suddetta) ma anche, in seguito, dalla somma delle conoscenze, delle invenzioni, delle scoperte, dei perfezionamenti realizzati lungo i secoli nelle tecniche di produzione. Si tratta del progresso che si è accumulato, che è cresciuto, e che si è trasmesso da una generazione all’altra. Si tratta del patrimonio collettivo che le generazioni passate hanno accumulato per noi, e che la generazione di oggi sfrutta e perfeziona ulteriormente prima di passarlo alla generazione seguente. Questo patrimonio sociale non appartiene a nessuno in particolare, perché è un bene essenzialmente collettivo.

Il principale fattore della produzione moderna, che abbonda, sta proprio in questo bene collettivo. Per esempio, se per ipotesi noi sopprimessimo la forza motrice derivante dalle invenzioni recenti (vapore, elettricità, petrolio, ecc…) quale sarebbe la produzione totale della nostra società, pur spingendo al massimo il lavoro degli operai? Sarebbe limitatissima rispetto a quello che è attualmente. Certo che occorrono braccia operaie per mettere in opera il capitale naturale (il capitale naturale = le ricchezze naturali), e gli operai vengono ricompensati con uno stipendio. Ma anche il capitale rapporta dividendi ai suoi proprietari, che sono tutti i cittadini, tutti ugualmente eredi dell’esperienza delle generazioni passate e delle ricchezze naturali disponibili sulla terra.

Siccome questo capitale collettivo è il principale fattore della produzione moderna (quello che maggiormente incide su di essa) il dividendo dovrebbe bastare per procurare a tutti gli abitanti della terra quello di cui hanno bisogno per sussistere (i bisogni essenziali della vita di ognuno dovrebbero essere garantiti da questo capitale collettivo). Poi, grazie alla meccanizzazione, alla motorizzazione, all’automazione, la parte distribuita come dividendo dovrebbe diventare sempre più grossa, visto che il lavoro umano sarebbe sempre meno necessario, fino ad essere annullato quasi completamente.

Questo modo di vedere la distribuzione delle ricchezze è completamente agli antipodi della mentalità attuale! Anziché lasciare le persone disoccupate e, per aiutare i disoccupati, tassare coloro che percepiscono uno stipendio, tutti sarebbero assicurati di avere un reddito di base tramite il dividendo nazionale, o sociale. Un dividendo per tutti e per ognuno: ecco la formula economica più luminosa che sia mai stata proposta in un mondo il cui problema non è più quello di produrre, ma quello di smerciare i prodotti (venderli, distribuirli). Questo sistema permetterebbe di rispettare il diritto di ogni essere umano all’uso dei beni della terra. Nel suo radiomessaggio del 1 giugno 1941, Pio XII, ci ricorda che questo diritto è fondamentale. Pio XII dice:

“I beni creati da Dio sono stati creati per tutti gli uomini e devono rimanere alla disposizione di tutti, secondo i princìpi della giustizia e della carità. Ogni uomo, in quanto essere dotato di ragione, ha il fondamentale diritto di utilizzare i beni materiali della terra ... Un tale diritto individuale non deve venire soppresso per nessuna ragione, neppure in nome di altri diritti certi e riconosciuti sui beni materiali. ” 

 10. Conclusione: “Venga il tuo Regno”.

Non è la prima volta che l’istinto egoistico spinge un individuo, un gruppo, o una casta ad impossessarsi dei beni e dei privilegi destinati all’insieme dell’umanità, ma Dio ha previsto che le iniziative umane che oltrepassano i limiti siano bloccate dalla sua iniziativa divina. Oggi i Profeti suoi ci avvertono che il tentativo arbitrario che faranno gli Ebrei non-santi di impadronirsi del mondo verrà da Lui bloccato in extremis, e che in tale occasione verrà pure eliminato ogni essere non-santo. Agli Ebrei rimasti accadrà in seguito quello che è accaduto a S. Paolo sulla strada di Damasco: una conversione collettiva al Cristianesimo! Come risultato, i popoli della terra saranno molto felici di farsi guidare dagli Ebrei convertiti alla legge d’amore predicata da Cristo, poiché questa loro conversione li trasformerà in uomini eccezionalmente saggi e avveduti (all’immagine di Salomone). [130]  L’Umanità vivrà felice sotto la loro guida. Questo periodo di pace, d’amore e di felicità corrisponde a quello che S. Giovanni descrive all’inizio del XX capitolo dell’Apocalisse. [131]  Questo Regno, detto messianico, verrà accordato all’Umanità anche come risposta all’invocazione che da due mila anni ogni cristiano ripete nel recitare il Padre Nostro: “Venga il tuo Regno, ... come in cielo, così in terra”.

130, 131

  • [130] Come abbiamo già visto, questa dottrina insegna che quando la conoscenza della Fede sarà arrivata a tutte le nazioni, il popolo d’Israele si convertirà in massa al Cristianesimo, e Filadelfia, cioè l’unione dei fratelli, diventerà una realtà. 
  • [131] Ap 20, 1-6: “Il Millennio felice” «Vidi poi un angelo che scendeva dal cielo con la chiave dell’Abisso e una grande catena in mano. Afferrò il dragone, il serpente antico cioè il diavolo, satana e lo incatenò per mille anni.  Lo gettò nell’Abisso, ve lo rinchiuse, e ne sigillò la porta sopra di lui perché non seducesse più le nazioni, fino al compimento dei mille anni.  Dopo, questi dovrà essere sciolto per un po’ di tempo. Poi vidi alcuni troni, e a quelli che vi si sedettero fu dato il potere di giudicare.  Vidi anche le anime dei decapitati a causa della testimonianza di Gesù e della parola di Dio, e quanti non avevano adorato la bestia e la sua statua, e non ne avevano ricevuto il marchio sulla fronte e sulla mano.  Essi ripresero vita e regnarono con Cristo per mille anni; gli altri morti invece non tornarono in vita fino al compimento dei mille anni.  Questa è la prima risurrezione. Beati e santi coloro che prendono parte alla prima risurrezione.  Su di loro non ha potere la seconda morte, ma saranno sacerdoti di Dio e del Cristo, e regneranno con lui per mille anni